Da Krapp a Senza parole
Al Gobetti il senso dell'esistenza
Tornano sul palcoscenico (19 novembre - 1 dicembre) del Teatro Gobetti, Glauco Mauri e Roberto Sturno. Attraverso una preziosa antologia regalano al pubblico dello stabile un'immersione totale nelle atmosfere beckettiane. Un filo rosso unisce alcuni testi tra i più significativi del grande drammaturgo e in sala si ride piangendo.
Per le traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, Mauri e Sturno portano in scena DA KRAPP A SENZA PAROLE - ll Prologo, Respiro, Improvviso dell'Ohio, Atto senza parole, L'ultimo nastro di Krapp - con l'impianto scenico di Francesco De Summa e le musiche di Germano Mazzocchetti e con al regia dello stesso Mauri.
Beckett, premio Nobel per la letteratura, è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ci ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l'uomo: una visione grottesca che spesso sfocia in una disperata comicità. Vari momenti poetici uniti da uno stesso tema: L'uomo e la sua fatica del vivere. "Far capire al pubblico che non è Beckett difficile e complicato, ma difficile e complicata è la vita. La vita che Beckett pur nella sua angoscia, ha saputo raccontarci con una sotterranea ma struggente pietà. Questo vogliamo esprimere con il nostro spettacolo, questo è il nostro desiderio". Ed ecco che a distanza di oltre vent'anni, tornano con un nuovo allestimento a esplorare l'abisso Beckett.
Con la Compagnia dei Quattro, Glauco Mauri fu il primo in Italia a mettere in scena Atto senza parole, e il primo Krapp italiano. Era il 1961 e oggi, a distanza di più di cinquant'anni, nell'ultimo nastro di Krapp, dialoga con la sua voce di trentenne registrata nel silenzio notturno di un teatro.
Sbucando da due bidoni, per introdurre gli spettatori in un universo indistinguibile, i due interpreti danno vita al Prologo. Forse barboni, reietti o emarginati esordiscono e terminano il prologo ciclicamente ripetendo l'aforisma «Non c'è nulla di più comico dell'infelicità». Ecco subito l'abisso che si palesa attraverso frasi sconnesse, poco lineari. Sembra il delirio consapevole di chi al senso preferisce indagare il non-senso in perfetta armonia con le filosofie a lui contemporanee.
Da qui prende il via il percorso attraverso quattro grandi opere: Respiro, in cui un cumulo di macerie padroneggiano la scena per pochi secondi: è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l'ultimo respiro. Pochi secondi che ti stringono forte lo stomaco. Una discarica ben organizzata, estetizzata come una composizione artistica, funge da specchio per le nostre esistente. Forse siamo spazzatura o forse dobbiamo passare la nostra vita a sistemare e trasformare il marciume che ci portiamo dentro? Unica speranza il contrabbasso o violoncello che esce fuori dal cumulo: la musica, come la bellezza per Dostoevskij può salvarci!
Segue Improvviso dell'Ohio. Scritto per l'Università Columbus dello stato dell'Ohio fu lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett. In un fantastico sdoppiamento un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l'Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un'assenza. Ciò che il Lettore legge si riferisce alla vicenda dolorosa di chi ascolta. Non sono due persone ma è lo stesso uomo che, con l'ascoltarsi, sembra cercare una speranza di sollievo al dolore. Scritto, secondo uno dei più autorevoli biografi del drammaturgo, pensando alla morte della moglie, non per augurarla, ma per vagliare intimamente le emozioni che l'assenza avrebbe provocato. E solo quando si ama follemente si pensa alla morte che è perdita, assenza, vuoto. Una vita che già difficile in due risulta pesantissima se vissuta da soli.
E la solitudine è la protagonista di Atto senza parole. Come un Charlie Chaplin a colori Sturno sembra barcamenarsi fra l'aiuto che la vita gli porge per poi ironicamente e tragicamente riprenderselo. Ecco allora che la vita appare per Beckett una lotta per la sopravvivenza in cui l'uomo non sempre, o quasi mai ne esce vittorioso, anzi è nel rifiuto che lo stesso troverà la sua dignità, scegliendo, al combattere una vita solitaria. E come se il libero arbitrio venisse meno nel personaggio, che l'istinto di sopravvivenza insito in ogni animale, cessasse di essere.
Si giunge così all'ultimo difficilissimo atto. Ne l'ultimo nastro di Krapp l'azione su palco è così esigua da rendere difficile l'attenzione del pubblico. Sul palco Mauri, il vecchio Krapp, ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa, la sera del suo 39esimo compleanno. Il pubblico non solo deve ascoltare ciò che il nastro dice ma deve porre attenzione anche alla recitazione perfetta che Mauri fa del personaggio, o meglio delle sue espressioni. Nel senso il pubblico vede e ascolta il personaggio che ascolta a sua volta creando un cortocircuito che non aiuta il coinvolgimento. Resta il senso del testo beckettiano ovvero l'idea di felicità che poteva essere e che invece, per ignavia, non è stata. La bobina finisce e con Krapp, che rimane disperatamente solo nel buio della sua "vecchia tana", termina anche l'ultimo atto, azione, del protagonista.
Per le traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, Mauri e Sturno portano in scena DA KRAPP A SENZA PAROLE - ll Prologo, Respiro, Improvviso dell'Ohio, Atto senza parole, L'ultimo nastro di Krapp - con l'impianto scenico di Francesco De Summa e le musiche di Germano Mazzocchetti e con al regia dello stesso Mauri.
Beckett, premio Nobel per la letteratura, è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ci ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l'uomo: una visione grottesca che spesso sfocia in una disperata comicità. Vari momenti poetici uniti da uno stesso tema: L'uomo e la sua fatica del vivere. "Far capire al pubblico che non è Beckett difficile e complicato, ma difficile e complicata è la vita. La vita che Beckett pur nella sua angoscia, ha saputo raccontarci con una sotterranea ma struggente pietà. Questo vogliamo esprimere con il nostro spettacolo, questo è il nostro desiderio". Ed ecco che a distanza di oltre vent'anni, tornano con un nuovo allestimento a esplorare l'abisso Beckett.
Con la Compagnia dei Quattro, Glauco Mauri fu il primo in Italia a mettere in scena Atto senza parole, e il primo Krapp italiano. Era il 1961 e oggi, a distanza di più di cinquant'anni, nell'ultimo nastro di Krapp, dialoga con la sua voce di trentenne registrata nel silenzio notturno di un teatro.
Sbucando da due bidoni, per introdurre gli spettatori in un universo indistinguibile, i due interpreti danno vita al Prologo. Forse barboni, reietti o emarginati esordiscono e terminano il prologo ciclicamente ripetendo l'aforisma «Non c'è nulla di più comico dell'infelicità». Ecco subito l'abisso che si palesa attraverso frasi sconnesse, poco lineari. Sembra il delirio consapevole di chi al senso preferisce indagare il non-senso in perfetta armonia con le filosofie a lui contemporanee.
Da qui prende il via il percorso attraverso quattro grandi opere: Respiro, in cui un cumulo di macerie padroneggiano la scena per pochi secondi: è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l'ultimo respiro. Pochi secondi che ti stringono forte lo stomaco. Una discarica ben organizzata, estetizzata come una composizione artistica, funge da specchio per le nostre esistente. Forse siamo spazzatura o forse dobbiamo passare la nostra vita a sistemare e trasformare il marciume che ci portiamo dentro? Unica speranza il contrabbasso o violoncello che esce fuori dal cumulo: la musica, come la bellezza per Dostoevskij può salvarci!
Segue Improvviso dell'Ohio. Scritto per l'Università Columbus dello stato dell'Ohio fu lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett. In un fantastico sdoppiamento un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l'Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un'assenza. Ciò che il Lettore legge si riferisce alla vicenda dolorosa di chi ascolta. Non sono due persone ma è lo stesso uomo che, con l'ascoltarsi, sembra cercare una speranza di sollievo al dolore. Scritto, secondo uno dei più autorevoli biografi del drammaturgo, pensando alla morte della moglie, non per augurarla, ma per vagliare intimamente le emozioni che l'assenza avrebbe provocato. E solo quando si ama follemente si pensa alla morte che è perdita, assenza, vuoto. Una vita che già difficile in due risulta pesantissima se vissuta da soli.
E la solitudine è la protagonista di Atto senza parole. Come un Charlie Chaplin a colori Sturno sembra barcamenarsi fra l'aiuto che la vita gli porge per poi ironicamente e tragicamente riprenderselo. Ecco allora che la vita appare per Beckett una lotta per la sopravvivenza in cui l'uomo non sempre, o quasi mai ne esce vittorioso, anzi è nel rifiuto che lo stesso troverà la sua dignità, scegliendo, al combattere una vita solitaria. E come se il libero arbitrio venisse meno nel personaggio, che l'istinto di sopravvivenza insito in ogni animale, cessasse di essere.
Si giunge così all'ultimo difficilissimo atto. Ne l'ultimo nastro di Krapp l'azione su palco è così esigua da rendere difficile l'attenzione del pubblico. Sul palco Mauri, il vecchio Krapp, ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa, la sera del suo 39esimo compleanno. Il pubblico non solo deve ascoltare ciò che il nastro dice ma deve porre attenzione anche alla recitazione perfetta che Mauri fa del personaggio, o meglio delle sue espressioni. Nel senso il pubblico vede e ascolta il personaggio che ascolta a sua volta creando un cortocircuito che non aiuta il coinvolgimento. Resta il senso del testo beckettiano ovvero l'idea di felicità che poteva essere e che invece, per ignavia, non è stata. La bobina finisce e con Krapp, che rimane disperatamente solo nel buio della sua "vecchia tana", termina anche l'ultimo atto, azione, del protagonista.
gb
Teatro Gobetti
DA KRAPP A SENZA PAROLE
di Samuel Beckett (Il Prologo, Respiro, Improvviso dell'Ohio, Atto senza parole, L'ultimo nastro di Krapp)
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
regia Glauco Mauri
Compagnia Glauco Mauri - Roberto Sturno
www.mauristurno.it
www.teatrostabiletorino.it
DA KRAPP A SENZA PAROLE
di Samuel Beckett (Il Prologo, Respiro, Improvviso dell'Ohio, Atto senza parole, L'ultimo nastro di Krapp)
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
regia Glauco Mauri
Compagnia Glauco Mauri - Roberto Sturno
www.mauristurno.it
www.teatrostabiletorino.it