Jesus di Babilonia
Superstar arrosto
Quattro anni sono passati da The Best of (2010) e con Jesus, Babilonia Teatri torna, per la terza volta, al Festival delle Colline. AL Gobetti una mise pop per un'icona ever green.
Tra le compagnie più innovative del panorama teatrale contemporaneo, Babilonia Teatri, diretta da Enrico Castellani e Valeria Raimondi, si è imposta sulla scena italiana per il suo stile personalissimo e fuori dagli schemi. Attraverso l'uso intelligente di nuovi codici visuali e linguistici, il teatro è visto come specchio della società e della realtà, e da qui la necessità e l'urgenza dell'interrogazione. Chiedersi, con lo scopo di far emergere conflitti e tensioni, portati sulla scena con ironia e cinismo, affetto e indignazione. Formula vincente che ha fatto avere alla Compagnia numerosi riconoscimenti: fra encomi e premi - per l'impegno civile, la drammaturgia e le novità - nel 2013 ottiene il Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.
"Non riesco a trovare nient'altro nella mia memoria che conosco così bene, scrive Valeria Raimondi. Da beautiful alla mia tesi di laurea tutto mi appare più sfuocato. Gesù no. E' scolpito nella mia mente. Nei miei ricordi. Le sue frasi mi hanno accompagnato, cresciuto, plasmato. Senza saperlo. Con un po' di catechismo e qualche sacramento. Ma soprattutto Gesù mi ha consolato, mi ha coccolato, mi ha tenuto calma e serena, anche lui ha sofferto, ha vissuto, ha lottato e poi alla fine anche lui è' morto. Ma con happy end. Morto e risorto. Non mi devo preoccupare, non devo aver paura, tutto si sistemerà, saremo di nuovo tutti insieme un giorno. Per una vita vera. Al di là delle nuvole."
Non nominare il nome di Dio invano, sembra la prima regola che trasgredisce il Jesus dei Babilonia.
Senza filosofia, né tanto meno teologia il testo di Jesus è volutamente imbevuto di retorica pop, demagogia e stereotipi. Lista dissacrante, dio inflazionato, business corrotto, dress brand, il nome di Gesù torna onnipresente. Ossessivo, come la ricerca del senso. Il significato originario, lo scopo di una vita, umana come quella di ognuno di noi. Occorre che Jesus si stacchi dalle croci, e scenda, dai muri, in mezzo agli uomini.Non più dogmi, riti, e terrore del peccato, ma una sana, immanente, spiritualità. Non più simbolo pasquale e nemmeno marketing natalizio, Jesus non è, e non deve essere, un "agnello" arrosto. Imburrato e imbottito di niente, spogliato della sua forza rigenerante.
"credo nelle chiese di pietra, nella loro capacità di attrarre e spaventare, di interrogarci sul tempo, sul senso, sull'enigma dell'uomo e del mondo. Credo nelle chiese di pietra, dove si pensa, si medita, ci si rigenera"
Per una reiterazione che vanifica, il testo dall'azzeramento, aspira ad una nuova rinascita. Jesus se è morto, è morto per un uomo diverso da quello, che sicuramente, aveva conosciuto in terra. Nuovi uomini occorrono quindi. Nuovi Adamo ed Eva, per un mondo in cui il messaggio evangelico - il senso del sacrificio e la continua ricerca del superamento di sé - non è pura merce religiosa con cui ingabbiare corpo e manovrare le menti. Semplice esperienza condivisa invece, trasmissione antropologica dell'umano per antonomasia, la vita di Gesù serve ai Babilonia per scovare l'universale nel particolare, il senso nel non senso. Capire il mistero della vita e riuscire a spiegare l'importanza della morte. Semplicemente, come una madre farebbe, teneramente, col figlio.
"non mi interessa sapere se è stato un uomo o se è un'invenzione.
Se qualcun altro l'ha fatto padre della chiesa suo malgrado, se qualcuno l'ha strumentalizzato e l'ha fatto Dio. Se amava la Maddalena, se era frigido, se preferiva gli uomini, se era un ebreo ortodosso o un riformatore, se era Dio o un profeta. Un vero uomo o un vero Dio. So che non ho mai conosciuto nessuno che possa prendere il suo posto quindi lo lascio là. Al suo posto"
Un rito popolare fatto con simboli pop - luci al non, santini sparati sulla platea, atteggiamenti da torero, spavalderie da palcoscenico, patinature glamour e 30 chili di patate. Una babilonia di suggestioni visive, accompagnata da una colonna sonora urlata e amplificata, che spazia dal rock al pop, per uccidere nuovamente dio. Quello di oggi, onnipresente come Dracula e indispensabile come l'Ikea. Quello odierno, lo stesso, che nelle ripetizioni di riti sterili e demagogia da canonica rischiava di suicidarsi. Quindi catartica l'operazione dei Babilonia che con Jesus sognano un "paradiso per tutti".
Tra le compagnie più innovative del panorama teatrale contemporaneo, Babilonia Teatri, diretta da Enrico Castellani e Valeria Raimondi, si è imposta sulla scena italiana per il suo stile personalissimo e fuori dagli schemi. Attraverso l'uso intelligente di nuovi codici visuali e linguistici, il teatro è visto come specchio della società e della realtà, e da qui la necessità e l'urgenza dell'interrogazione. Chiedersi, con lo scopo di far emergere conflitti e tensioni, portati sulla scena con ironia e cinismo, affetto e indignazione. Formula vincente che ha fatto avere alla Compagnia numerosi riconoscimenti: fra encomi e premi - per l'impegno civile, la drammaturgia e le novità - nel 2013 ottiene il Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.
"Non riesco a trovare nient'altro nella mia memoria che conosco così bene, scrive Valeria Raimondi. Da beautiful alla mia tesi di laurea tutto mi appare più sfuocato. Gesù no. E' scolpito nella mia mente. Nei miei ricordi. Le sue frasi mi hanno accompagnato, cresciuto, plasmato. Senza saperlo. Con un po' di catechismo e qualche sacramento. Ma soprattutto Gesù mi ha consolato, mi ha coccolato, mi ha tenuto calma e serena, anche lui ha sofferto, ha vissuto, ha lottato e poi alla fine anche lui è' morto. Ma con happy end. Morto e risorto. Non mi devo preoccupare, non devo aver paura, tutto si sistemerà, saremo di nuovo tutti insieme un giorno. Per una vita vera. Al di là delle nuvole."
Non nominare il nome di Dio invano, sembra la prima regola che trasgredisce il Jesus dei Babilonia.
Senza filosofia, né tanto meno teologia il testo di Jesus è volutamente imbevuto di retorica pop, demagogia e stereotipi. Lista dissacrante, dio inflazionato, business corrotto, dress brand, il nome di Gesù torna onnipresente. Ossessivo, come la ricerca del senso. Il significato originario, lo scopo di una vita, umana come quella di ognuno di noi. Occorre che Jesus si stacchi dalle croci, e scenda, dai muri, in mezzo agli uomini.Non più dogmi, riti, e terrore del peccato, ma una sana, immanente, spiritualità. Non più simbolo pasquale e nemmeno marketing natalizio, Jesus non è, e non deve essere, un "agnello" arrosto. Imburrato e imbottito di niente, spogliato della sua forza rigenerante.
"credo nelle chiese di pietra, nella loro capacità di attrarre e spaventare, di interrogarci sul tempo, sul senso, sull'enigma dell'uomo e del mondo. Credo nelle chiese di pietra, dove si pensa, si medita, ci si rigenera"
Per una reiterazione che vanifica, il testo dall'azzeramento, aspira ad una nuova rinascita. Jesus se è morto, è morto per un uomo diverso da quello, che sicuramente, aveva conosciuto in terra. Nuovi uomini occorrono quindi. Nuovi Adamo ed Eva, per un mondo in cui il messaggio evangelico - il senso del sacrificio e la continua ricerca del superamento di sé - non è pura merce religiosa con cui ingabbiare corpo e manovrare le menti. Semplice esperienza condivisa invece, trasmissione antropologica dell'umano per antonomasia, la vita di Gesù serve ai Babilonia per scovare l'universale nel particolare, il senso nel non senso. Capire il mistero della vita e riuscire a spiegare l'importanza della morte. Semplicemente, come una madre farebbe, teneramente, col figlio.
"non mi interessa sapere se è stato un uomo o se è un'invenzione.
Se qualcun altro l'ha fatto padre della chiesa suo malgrado, se qualcuno l'ha strumentalizzato e l'ha fatto Dio. Se amava la Maddalena, se era frigido, se preferiva gli uomini, se era un ebreo ortodosso o un riformatore, se era Dio o un profeta. Un vero uomo o un vero Dio. So che non ho mai conosciuto nessuno che possa prendere il suo posto quindi lo lascio là. Al suo posto"
Un rito popolare fatto con simboli pop - luci al non, santini sparati sulla platea, atteggiamenti da torero, spavalderie da palcoscenico, patinature glamour e 30 chili di patate. Una babilonia di suggestioni visive, accompagnata da una colonna sonora urlata e amplificata, che spazia dal rock al pop, per uccidere nuovamente dio. Quello di oggi, onnipresente come Dracula e indispensabile come l'Ikea. Quello odierno, lo stesso, che nelle ripetizioni di riti sterili e demagogia da canonica rischiava di suicidarsi. Quindi catartica l'operazione dei Babilonia che con Jesus sognano un "paradiso per tutti".
gb
Teatro Gobetti, Torino
JESUS
Babilonia Teatri
parole di Enrico Castellani
con Valeria Raimondi
e con Enrico Castellani
scene Babilonia Teatri
luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton
costumi Babilonia Teatri/Franca Piccoli
produzione Babilonia Teatri
www.babiloniateatri.it
JESUS
Babilonia Teatri
parole di Enrico Castellani
con Valeria Raimondi
e con Enrico Castellani
scene Babilonia Teatri
luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton
costumi Babilonia Teatri/Franca Piccoli
produzione Babilonia Teatri
www.babiloniateatri.it